27.10.13

La crisi immobiliare e la dura legge del PIL

Eloquenti, ma inosservati: i dati sulla crescita del reddito del nostro Paese spiegano la crisi del settore immobiliare assai di più di molte analisi fondate sulle fluttuazioni cicliche che di questo comparto sono aspetto peculiare.
Il fondo di Alessandro Penati (La dura legge del PIL. In Italia è peggio del ’29, Repubblica, 26 ottobre 2013) permette di mettere in relazione i fondamentali del settore immobiliare con i dati macroeconomici che ne condizionano strutturalmente l’andamento. Chi compra casa lo fa infatti contando su di un reddito capace di assicurare un risparmio costante nel tempo per ripagare un mutuo o per accantonare in vista di un futuro acquisto. Se i redditi calano, si assottiglia il risparmio e viene meno la ricchezza necessaria all’investimento in immobili.
Il nostro Paese ha il reddito di circa quindici anni fa: il PIL del 2013, a valori costanti, è di poco superiore a quello del 1999. Se poniamo il valore del 1999 come base a 100, oggi il Pil nazionale è pari a 105. E’ cresciuto senza particolare intensità fino al 2007 (dove ha sfiorato quota 120) e quindi, da quella data, ha progressivamente perso quota cedendo sul campo circa 10 punti percentuali. In un simile contesto, l’ipotesi di investimenti diffusi da parte di famiglie e imprese appare davvero ardua.
Proprio sulla base dei modesti tassi di crescita degli ultimi decenni (tasso medio dell‘1,7%), Penati azzarda le scadenze temporali per recuperare il reddito perduto: secondo le valutazioni del docente della Cattolica, saremo (forse) in grado di recuperare il benessere economico del 2007 nel 2021.
Recupero per nulla semplice, ci ricorda lo stesso Penati. Non possiamo più impiegare la svalutazione competitiva praticata negli anni della Lira e l’aumento di efficienza del sistema produttivo e dei servizi pubblici comporta riforme che fatichiamo a promuovere.
La capacità del nostro Paese di accrescere ricchezza nel tempo è dunque tutt’altro che scontata. Così come non è affatto scontata la ripresa dei valori immobiliari in buona parte riflesso ricchezza nazionale.
Più che immaginare rimbalzi e riprese a portata di mano, il settore immobiliare deve più utilmente individuare soluzioni che facciano i conti con un quadro macroeconomico nuovo e disagevole, e dunque con valori e quantità che non sono - e non saranno per qualche anno - quelli della lunga fase del boom.
Una ricerca difficile, comune a professionisti, imprese e amministratori. Ma che tuttavia rappresenta  l’unica soluzione possibile per un mondo profondamente diverso da quello del nostro - anche recente - passato.

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